Il team coaching tra un cavolfiore e una scala a chiocciola

Il team coaching tra un cavolfiore e una scala a chiocciola

Cosa c’entrano un cavolfiore e una scala a chiocciola con il Team coaching?

Cosa c’entrano un cavolfiore e una scala a chiocciola con il Team coaching?
Direttamente niente, ovvio. Ma, a livello simbolico, sono le immagini evocative dell’approccio evolutivo e sistemico che caratterizzano lo sviluppo dei Team.

Il Team coaching si distingue dal coaching individuale talmente tanto che, nel 2020, ICF ha “codificato” in modo specifico le competenze che un Team coach dovrebbe possedere per essere realmente efficace quando affianca dei gruppi di lavoro.
E le ha codificate, per giunta, integrando queste competenze con quelle proprie di altre forme di sviluppo dei Team. Infatti, ICF ha inserito le attività di Team coaching come parte di un sistema più ampio, il Team development: un “cappello più grande” che, oltre al Team coaching, include anche la facilitazione, il training, la consulenza, il mentoring e il Team building. Questo significa che, durante un percorso di Team coaching, il coach può fare anche uso di questi altri metodi, se funzionali al perseguimento degli obiettivi del gruppo.
Così ispirati, i coach di CPC Sistemica hanno chiesto al Team coach Massimo Fancellu di esplorare insieme le prospettive evolutive e sistemiche presenti nel Team coaching. Ne son venute fuori tante informazioni, spunti di approfondimento e, soprattutto, presentazione di casi concreti.

Trasferire l’esperienza di tre ore di confronto assieme è complicato, così abbiamo deciso di approfondire invece di sintetizzare, intervistando Massimo.

Massimo Fancellu – Bio

Team & Business coach PCC ICF, Mentor coach ICF, Trainer & Supervisor. Ideatore del metodo TEAM IN 3 PASSI. Fondatore e Amministratore di Agape Consulting Sas.
Dal 1996, mi occupo di sviluppo del potenziale umano e comportamenti organizzativi, in particolare di dinamiche di gruppo, sviluppo di Team & Network di lavoro, leadership, comunicazione.
Le mie aree di specializzazione: Team coaching, Teambuilding, Coaching organizzativo, Outdoor Training e attività esperienziali coi Team aziendali, Supervisione (osservazione e feedback su comportamenti e processi) e Mentor coaching.
Nel 2017 ho creato TEAM IN 3 PASSI, il metodo che – per gradi e senza forzare – trasforma realmente le persone che lavorano assieme in un Team affiatato, motivato e produttivo. Ho un motto che mi guida nel lavoro coi Team: “Se tutti hanno da guadagnarci, a piccoli passi, si arriva ovunque”. I fatti mi danno ragione.
Nella mia formazione (dopo la Laurea in Economia all’Università di Bologna), almeno una trentina i corsi a cui ho partecipato in più di 25 anni di attività. Fra questi: percorso “Formazione Formatori” (ISMO di Milano); percorso Coaching SUN (Success Unlimited Network); Practitioner in PNL (Evergreen Int. Di L. Cuttica Talice); percorso Outdoor Management Training (IEN Genova); formazione avanzata sui Team d’eccellenza (Metasysteme di A. Cardon, MensLab Coaching & Training, Future Coaching Academy); seminari con trainer nazionali e internazionali come D. Dolci, R. Bandler, R.Dilts, J. Grinder & C. Bostic St Clair, S. Gilligan, E. De Bono.

6 Domande a Massimo

  1. Come hai conosciuto l’Aps Comunità di Pratica di Coaching? E cosa ti ha portato a dare il tuo contributo in CPC Sistemica?

Conosco da anni le Comunità di Pratica di Coaching, diversi colleghi ne fanno parte e tutti me ne hanno parlato con entusiasmo.
Mi sono formato nel Team coaching sistemico e, quando Loredana mi ha invitato, sono stato entusiasta di condividere con loro una parte di quello che ho imparato in questi anni. Credo che il valore del coaching debba sempre essere promosso in ogni modo: solo così possiamo crescere tutti, sia professionalmente che come persone.

  • Quali esperienze paragonabili hai avuto con gruppi di coach professionisti?

Tempo fa, ho portato la mia testimonianza in un’altra Comunità di Pratica di Coaching, sempre con grande piacere e con l’idea non solo di dare ma anche di ricevere da altri colleghi che, tutti i giorni, investono nella loro preparazione e fra di loro, a livello di relazioni. .
Non so se si può considerare paragonabile ma, da circa un anno, stiamo portando avanti un’attività di network con i colleghi che si sono formati nel metodo TEAM IN 3 PASSI. Periodicamente ci incontriamo e, insieme ad una strategia di marketing in comune, condividiamo esperienze di Team coaching con, in alcuni casi, delle sessioni di Supervisione. Una degli aspetti più interessanti è che le esperienze di Team coaching che riportiamo al gruppo dei colleghi sono spesso progettate e portate avanti da almeno 2 coach del network (in accordo con le linee guida di ICF sul Team coaching, ovviamente).

  • Cosa ti appassiona nell’ambito del Team coaching?

Tutto. Soprattutto il fatto che si può lavorare su di una dimensione poco “raggiungibile” nel coaching one-to-one: il “qui e ora”. Nel coaching individuale, infatti, lavori soprattutto sullo “storytelling”, ovvero su quello che ti racconta il cliente mentre, quando hai davanti un Team, hai modo di osservare il gruppo al lavoro, vedere cosa succede in diretta durante le interazioni tra i suoi membri e ti permette anche di intervenire in tempo reale sulle dinamiche. E questa presenza rispetto a ciò che accade nel “qui e ora” aiuta tanto a cambiare le abitudini (pattern) del Team.

Mi appassiona anche il fatto che è proprio nella dimensione del gruppo che le persone si confrontano davvero e, spesso, si cambia proprio grazie agli stimoli e ai feedback degli altri.

Supportare un Team, in un programma di ampio respiro, è come assistere ed essere co-protagonista di un film che si va componendo giorno per giorno. Il bello dell’essere Team coach è che stai contemporaneamente dentro e fuori dal film: non sei propriamente un regista, né uno spettatore ma qualcosa di diverso, più un insegnante di scrittura creativa, direi, che scambia feedback con il gruppo e lo indirizza mentre il gruppo scrive la sua composizione… a più mani.

  • In base a quali considerazioni hai selezionato il materiale e le riflessioni sul Team coaching che hai proposto a questo gruppo?

Ho fatto mente locale per recuperare dalla mia esperienza alcuni casi di Team coaching che permettessero a ciascuno dei colleghi appartenenti a questa Comunità di Pratica di pensare a che cosa avrebbe fatto personalmente in quella stessa situazione. E ho proposto come filo conduttore in base a cui portare avanti il lavoro, le 2 immagini metaforiche che sintetizzano meglio il mio approccio allo sviluppo dei Team: la scala a chiocciola e il cavolfiore.

Scala a chiocciola perché il percorso, più che a una linea retta, è molto più simile a una spirale; un simbolo molto antico, collegato all’espansione e alla consapevolezza che, però, nel suo movimento rotatorio, ci dà a volte la sensazione di tornare al punto di partenza. Ma come un’onda che cresce e si arrotola su sé stessa, ripassare dal centro permette di fermarsi a riflettere per poi proseguire portandosi appresso un bagaglio di conoscenze, di esperienza e di sicurezza in più. La spirale ben rappresenta il dinamismo, la continuità ciclica, lo sviluppo e l’espansione a cui tende naturalmente un Team, favoriti dai momenti di apparente regressione e contrazione, però.Il cavolfiore, o meglio, il broccolo romanesco, invece, è un frattale naturale che ben rappresenta l’approccio sistemico con cui possiamo vedere un Team. Ogni cimetta di broccolo ha una forma autoreplicante, infatti: lo stesso modello si ripete ancora e ancora su scale e dimensioni sempre diverse. Esattamente come nella visione sistemica, in cui ogni parte del gruppo rappresenta il tutto e, viceversa, il Team unitariamente rappresenta i singoli componenti e anche l’organizzazione in cui opera.

  • Hai qualche aneddoto o esperienza sul Team coaching che ti va di raccontarci?

Stavo chiudendo un percorso di Team coaching con un Team aziendale con il quale qualsiasi coach, vi garantisco, avrebbe desiderato avere a che fare. Era anche una delle mie prime esperienze e ancora non c’erano le linee guida ICF: in pratica, il Team coaching me lo stavo inventando io, perciò (così come diversi altri colleghi, in quel periodo, stavano facendo).
Era l’ultima sessione, dunque, ed il gruppo era talmente assorto e, oserei dire, talmente perfetto nel suo dialogo che, fra me e me, mi venne da immaginare di andarmene senza essere visto, per far capire loro che non avevano più bisogno di me.
Mentre penso questo, uno del gruppo si gira e, spiazzandomi, mi dice: “A questo punto puoi anche andartene!”.
Mi metto a ridere e gli confesso che era proprio quello che stavo pensando di fare! In quel momento ho fatto una fatica bestiale a non piangere per la commozione: il mio lavoro era davvero finito. Penso che arrivare a non essere più necessario sia il risultato al quale ogni Team coach dovrebbe puntare. Nonostante sia passato tanto tempo, ogni volta che ripenso a quel momento, mi commuovo.

  • Che cosa ti porti come arricchimento dall’incontro con CPC Sistemica?

Più risorse preziose: anzitutto, alcune soluzioni e letture delle dinamiche alle quali non avevo pensato relative ai casi di Team coaching proposti. Oltre a questo, una crescente (se si può) fiducia nel mondo del coaching, il piacere di aver rivisto dei colleghi che stimo (Paolo e Loredana, in particolare) e che incontro ciclicamente. Ed infine, ma non per importanza, l’opportunità di aver conosciuto e instaurato nuove relazioni con altri coach che, spero, evolveranno, arricchendoci reciprocamente.E anche la sorpresa di sentirmi definire “maestro” nonostante, tutti i giorni, mi sorprenda a fare errori…ma, in questo caso, forse la chiave di lettura potrebbe essere che è proprio la mia imperfezione che aiuta gli altri a diventare più autonomi… chissà!